Disclaimer

Disclaimer:



Il contenuto di questo sito è di proprietà esclusiva di Francesco Checcacci. Tutto il contenuto può essere utilizzato ma è obbligatorio citare la fonte.
I punti di vista espressi sono dell'autore e non riflettono opinioni di organizzazioni di cui l'autore stesso potrebbe far parte.







The content of this website is the exclusive property of Francesco Checcacci. All content can be utilised as long as the source is referenced. The opinions expressed are the author's own and do not reflect views of organisations with which the author maybe associated.



Saturday 9 March 2013

Ce lo chiede l’Europa: la coscienza sporca dei politici del Sud Europa.




Quante volte abbiamo sentito ripetere il noto mantra: ‘ce lo chiede l’Europa?’

Anche prima della crisi i politici italiani lo hanno ripetuto allo sfinimento, soprattutto per implementare misure di aumento della pressione fiscale.

Lo stesso, ma con maggior frequenza, abbiamo sentito ripetere in periodo di crisi. Una comunicazione simile è stata diffusa da tutti i politici di Paesi incapaci o poco pronti a fare riforme strutturali come scusa per aumentare la pressione fiscale.

Ma cosa chiede l’Europa davvero a chi è in difficoltà?

Intanto non risultano vere e proprie imposizioni, quanto piuttosto indicazioni basate sull’esperienza di comportamenti che hanno portato ad effetti positivi in casi precedenti. Per lo più chi consiglia austerità non pensa ad un aumento delle tasse, ma ad una riduzione non sporadica della spesa e a riforme strutturali che, rendendo meno onerose in termini di tempo e denaro le iniziative imprenditoriali, richiamino investimenti interni ed esteri dando slancio all’economia.

Questo nella piena consapevolezza che le tasse deprimono l’economia al punto che le entrate dello Stato vanno a diminuire (curva di Laffer o riduzione della domanda aggregata dicono la stessa cosa), ma anche i tagli della spesa hanno nel breve termine effetto di contrazione. Questo effetto è però di gran lunga inferiore a quello di nuove tasse, come ampiamente dimostrato da studi dell’Università di Harvard condotti principalmente dall’italiano Alberto Alesina. Da qui le riforme che aiutino a compensare gli effetti recessivi della politica fiscale. Eventuali dismissioni di patrimonio statale possono avere il doppio effetto di aiutare a ridurre gli impatti restrittivi di cui sopra e, nella migliore delle ipotesi, mettere a maggior frutto le potenzialità che lo Stato, per mancanza di mezzi o di competenze, non è in grado di sfruttare.

Perché dunque si è scelto di aumentare la pressione fiscale, pur conoscendone gli effetti recessivi?

Perché ridurre gli ambiti dello Stato significa ridurre il potere dei politici di distribuire commesse, dirigenze e varie prebende a coloro che li sostengono con i loro voti o con le loro donazioni.

Allo stesso modo rendere efficiente il sistema economico significa rimuovere le rendite di posizione delle quali si alimentano altri sostenitori degli stessi politici.

Quindi se i politici facessero quello che ‘ci chiede l’Europa’ (ma per davvero) perderebbero l’appoggio politico e finanziario su cui poggia il loro potere, con solo vantaggio per i cittadini comuni.

Va da sé che per vincere le guerre (e non le battaglie) si tagliano i rifornimenti al nemico, e i politici incapaci lo sanno benissimo.

L’esempio più tragico di una situazione simile è la Grecia, in cui i politici si sono rifiutati per anni di diminuire prebende e sprechi, preferendo aumentare le tasse e precipitando il Paese in una spirale recessiva da cui è difficile uscire. Solo molto recentemente, messi con le spalle al muro e quando forse era già troppo tardi, hanno iniziato ad agire con criteri meno dannosi.

In altre parole coloro che impongono livelli maggiori di tassazione dicendo ‘ce lo chiede l’Europa’ fanno danno due volte: una perché non fanno quello che viene consigliato per il bene di tutti pur di mantenere il potere per loro e per gli amici dei loro amici, l’altra perché gli elettori, a forza di sentirsi ripetere il mantra, hanno finito per identificare l’Europa con una politica di rigore principalmente basata su nuove tasse, con il bel risultato di far guadagnare voti a chiunque tuoni contro l’Europa, magari promettendo mari e monti in caso di aumento del perimetro dello Stato, inclusa la politica monetaria, senza pensare che le conseguenze di un’uscita dall’Euro e di un aumento della spesa di Stato farebbero impallidire quanto visto finora.

No comments:

Post a Comment