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Tuesday 5 June 2012

Di decrescite (forse) felici che portano a povertà (certamente) in aumento




Si sente parlare da un po’ dell’inadeguatezza del PIL come misura del benessere di una Nazione. Certo: per sapere che il prodotto non è sinonimo di benessere basta un vocabolario o una ricerca su internet.

Si sono quindi cercate alternative al PIL che descrivano, invece della ricchezza prodotta, il benessere. Finora però gli economisti e non che si sono cimentati in questo agone non sono arrivati a granché, perché si sono scontrati con un problema fino adesso insormontabile: come si può misurare il benessere?

Siccome a molti liceali è stato insegnato a seguire una logica precisa (derivante tra l’altro da Aristotele via Galileo) di solito quando si affronta un problema del genere bisogna cercare innanzitutto una definizione. La domanda diventa dunque: come si definisce il benessere? Finora nessuno è riuscito a dare una risposta convincente a questa domanda.

A questo punto il buon liceale, armato di logica aristotelica, se intellettualmente onesto deve farsi la prossima domanda della sequenza: mi sto facendo la domanda giusta o ce n’è una che mi aiuta a risolvere il problema se solo lo guardo da un altro punto di vista? Questo è quello che viene solitamente definito pensiero laterale: difficilissimo per molti, naturale per altri, ricercato e pagato a peso d’oro da banche d’affari e multinazionali varie, ovvero il diavolo per gli zeloti della decrescita (forse) felice, che nel prosieguo definiremo Lorsignori.

Vedremo dopo se la domanda esiste e che risposta possiamo trovare.

Ebbene, come si è visto, per arrivare fin qui basta la logica del Liceo: un po’ di Galileo, un po’ di Aristotele e il benessere interno lordo è fuori dai giochi, perché il benessere non si può definire in modo oggettivo. In altre parole quello che fa star bene qualcuno può far stare male il suo vicino, e comunque il benessere di più persone si potrebbe sommare ma anche sottrarre. Dovrebbe essere già chiaro quindi che non ci troviamo nell’ambito della scienza (economica o meno), ma tutt’al più nel mezzo di teorie sociologiche quando ne discutiamo. Ricordiamo anche che ‘sociologo’ è una delle offese peggiori per un economista od uno storico, ma questo è un altro discorso.

Quindi coloro, che si definiscano o meno economisti (abbiamo visto che in realtà sono sociologi, ma è una considerazione a latere), che parlano di benesseri interni non si fermano di fronte all’indefinibilità di quello che propongono: da veri sociologi arrivano a dire addirittura come arrivare ad aumentarlo. Come si possa aumentare qualcosa che non si riesce neanche a definire in modo preciso è ovviamente esercizio di pensiero che richiama le dispute sul sesso degli angeli. Ricordiamo che cotali dispute, dopo aver impegnato le più belle menti della filosofia bizantina per qualche secolo, arrivarono alla conclusione che gli angeli non hanno sesso. Nel frattempo Costantinopoli era caduta in mani turche: le discussioni pare si protraessero anche durante l’assedio. A parziale discolpa dei teologi coinvolti ne’ Galileo ne’ Descartes (o Cartesio, alla latina) erano ancora nati, scusa che oggi non si può più accampare. Neanche il buon francescano Occam, scettico quasi radicale, era probabilmente noto agli orientali bizantini.

La ricetta per aumentare il benessere secondo Lorsignori è consumare di meno. Alla domanda (ovvia) quanto meno viene risposto: abbastanza. Il benessere, già confusamente definito, viene quindi aumentato consumando una quantità ancor meno definibile.

La prossima domanda tende a smascherare Lorsignori per quello che effettivamente sono. La domanda è: chi decide quanto è abbastanza per me? Perché se lo decido io va benissimo, ma siamo daccapo. Se voglio qualcosa che altri considerano inutile nessuno può contestarlo. Ne segue che dovrebbe essere una sorta di comitato scelto o addirittura composto direttamente da Lorsignori, magari con crisma di ente statale, che decide e rende obbligatorie le decisioni.

Se ancora ci fosse qualcuno che aveva dubbi adesso è ovvio: Lorsignori sono amanti della pianificazione centralizzata e dell’intervento dello Stato nella vita dei cittadini. Lorsignori quindi non possono essere altro che socialisti o comunisti, o tutt’al più socialisti nazionalisti (magari dei lavoratori). I regimi con pianificazione economica hanno portato finora sicuramente ad un aumento della povertà: sia Cuba che l’Ucraina, in passato grandi produttori agricoli, sono adesso costretti ad importare cibo. E’ difficile dire che questo abbia migliorato il benessere della popolazione.

Smascherati dunque Lorsignori con le sole armi di una logica da scuola superiore, passiamo alla domanda che avevamo posto sopra: c’è un modo di guardare le cose che aiuta a far stare meglio il maggior numero di persone possibili? Fortunatamente questo esiste, anche se non basta più aver fatto il Liceo per saperlo. Guardiamo come diminuire la povertà: pochi definirebbero una diminuzione della povertà come qualcosa che non aumenti il benessere.

Sappiamo dai dati storici che la povertà diminuisce di più quando abbiamo più crescita economica (v. Barro e Sala-i-Martin: Economic Growth). Sappiamo anche che questo non è ovvio: infatti la media potrebbe crescere senza beneficio per i più poveri. Fortunatamente non è così. Chiarifichiamo che meno povertà non significa neanche necessariamente, però, una crescita dell’uguaglianza: infatti i più poveri possono stare meglio senza che la distribuzione del reddito arrivi a beneficiare coloro che non sono ne’ poveri ne’ ricchi.

Crescita economica significa crescita, ebbene sì, proprio del PIL. Creare le condizioni per la crescita del PIL significa quindi sicuramente diminuire la povertà. Se questo sia definibile come aumento del benessere non possiamo però dirlo, in quanto si è visto che il benessere non è stato ancora definito, neanche da Lorsignori. E’ chiaro però dai dati che una crescita inferiore, o addirittura una decrescita, del PIL aumenta la povertà. Anche non sapendo definire esattamente il benessere pensare che questo possa aumentare quando aumenta la povertà pare un esercizio degno dei teologi che discutevano sul sesso degli angeli sotto le cannonate turche.

Come se tutto questo non bastasse si noti che l’argomento principale di Lorsignori, secondo il quale i costi della crescita in termini ambientali e di risorse la renderebbero negativa se considerati, non tiene conto del fatto che molti di questi costi sono già inclusi nei prezzi dei prodotti che impiegano più risorse, aumentandone il prezzo. Laddove non lo fossero, basterebbe includerli. Basta quindi il mercato per risolvere il problema, dato che prezzi più alti non possono non corrispondere a consumi più bassi.

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