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Wednesday 11 April 2012

Lo Stato, il Muratori e i soldi di tutti



Il grande storico settecentesco Ludovico Antonio Muratori riporta nelle sue ‘Antiquitates Italicae Medii Aevi’ la risposta data da un Principe ad una popolazione che aveva chiesto, in termini molto pomposi (‘Assai Cruscanti’, dice il Muratori) la riparazione di un ponte diroccato. Il Principe rispose:

‘E quindi, e quinci e guari rifate ‘l ponte co’ vostri denari’.

Sembra che questa sia diventata, anche se articolata in modo meno ‘Cruscante’, la risposta dello Stato italiano a tutti i vari richiedenti, questuanti e clientes abituali alla richiesta di soldi di Stato.

Chiaramente i richiedenti portano avanti argomentazioni a prima vista condivisibili, come la necessità del sostegno ad una certa industria, o addirittura alle libertà fondamentali, come ultimamente quella di stampa.
Ci sono buoni motivi per spiegare cosa succede quando lo Stato accondiscende a queste richieste.
Diciamo che i soldi siano stati richiesti per sostenere la stampa di partito (esempio degli ultimi tempi).

Lo Stato ha sostanzialmente tre modi (o una combinazione dei tre) per procurarsi i soldi da elargire:

1-Aumentare le tasse. Nel caso di un giornale di partito che leggono in pochi questo significa che anche i cittadini che non lo leggono effettivamente pagano per la sua esistenza. A parte le considerazione sul fatto che questo sia giusto o sbagliato, è evidente che tutti i cittadini, per sostenere un’impresa (un giornale in fondo questo è) in perdita avranno meno soldi da destinare ad altre cose, come ad esempio comprare qualcosa che vogliono (ricordiamo che il giornale non lo volevano, altrimenti non sarebbe stato in crisi) o risparmiare. Nel primo caso un’impresa potenzialmente profittevole vedrà i suoi profitti diminuire o azzerarsi, nel secondo meno credito sarà disponibile per investimenti ad aziende che ne hanno bisogno per restare competitive.

2-Prendere soldi a prestito. Fino a pochi anni fa questa era la scelta principale dello Stato italiano. Sembra sia chiaro a tutti, almeno adesso, che i debiti vanno saldati, e che ora è il momento di farlo.

3-Stampare denaro. Lo Stato italiano non ha, meno male, più questa possibilità, adesso nelle mani della BCE. Se l’avesse, comunque, l’effetto di un aumento della massa monetaria senza aumento della ricchezza prodotta si tradurrebbe nello svilimento del valore della moneta, ovvero inflazione, in tempi più o meno brevi.

E’ ovvio che nessuna delle tre possibilità viste sopra rappresenta un miglioramento della condizione dei cittadini, che vedono il loro potere d’acquisto, il loro reddito disponibile od entrambi calare per effetto della scelta di un Governo di sostenere una causa persa.

Proprio per i motivi descritti sopra speriamo che il Governo continui a rispondere a tutti i vari questuanti di Stato nei termini del Muratori: ‘Rifate ‘l ponte co’ vostri denari’.

4 comments:

  1. se non ti adonti ti faccio un breve commento-domanda. Senza alcuna polemica, giuro.
    Al punto uno metti "aumentare" le tasse. Perché aumentare?
    Delle tasse già ci sono, e sono pure parecchie. Queste garantiscono un gettito che si rinnova ogni anno. E' già tutto impegnato nella spesa corrente? Cioè va tutto in pensioni e stipendi di funzionari dipendenti pubblici e politici? Va tutto via in interessi sul debito? Voglio sperare di no.
    Ci sarà pure una porzione del gettito da destinarsi alle opere e alle emergenze, come il riparare un ponte del tuo esempio, o soccorrere una popolazione terremotata.
    Si tratta di discutere come ripartirla, e con quali modalità, no?
    Se bisogna rifarsi il ponte da soli, l'intera organizzazione sociale perde di significato. Ognun per se, e dio per tutti!

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  2. Non mi adonto, ma preciso: come vedi dall'esempio io qui parlo di sussidi ad imprese che dovrebbero essere commerciali ma fanno prodotti che non compra nessuno. La stampa di partito è un esempio ovvio. Un altro sarebbero certe manifestazioni artistiche. In ogni caso se una parte delle tasse già in essere vengono destinate a scopi del genere (e come sai questo è il caso) è molto meglio diminuire le tasse. Aumentare le tasse o non diminuirle è equivalente. Non se se è chiaro, ma desso ad una aumento delle tasse corrisponde una diminuzione del gettito perché le tasse sono troppo alte. Non mi si venga a dire quindi che i soldi delle tasse si possono 'investire'. Il moltiplicatore positivo è un mito. Altra cosa invece sono i beni pubblici, quelli che enumeri tu, ovvero quelli di cui tutti godono ma che nessuno vuol pagare, Per questi è giusto che ci sia lo Stato, e una tassazione adeguata a pagarli. Attento però: i beni pubblici che possiamo permetterci non includono sussidi a pioggia, e soprattutto non possono coprire più di metà della ricchezza che produciamo, altrimenti lo Stato collassa perché non regge sotto il peso della spesa eccessiva.

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  3. Beh piuomeno son d'accordo su tutto. Anche per i sussidi alla stampa di partito, come per mille altri tipi di "drogaggi" tramite elargizioni, cui siamo abituati. Le incentivazioni possono servire in certi casi a indirizzare le attività produttive verso talune direzioni che si ritengono preferibili per la collettività (per esempio se si hanno due metodi per produrre energia elettrica, di cui uno chiaramente preferibile dal punto di vista ambientale, lo si rende più remunerativo tramite un incentivo) ma dovrebbero essere usate con parsimonia, e in modo da evitare che si mutino in elargizioni clientelari come spesso avviene. Ma ciò sposta il discorso su temi etici.

    Unica chiosa. Visto che per amor di chiarezza (opportunamente) usi schematizzare per elenchi puntati, ti propongo un elenco puntato per integrare il tuo schema.
    1) La lotta all'evasione. Si può aumentare il gettito senza aumentare nessuna tassa se si combatte l'evasione più efficacemente. Non ne parli mai, ma mi pare che nessun discorso sulle tasse, nemmeno schematico, si possa fare trascurando questo aspetto.
    2) La rimodulazione della pressione fiscale. Lo so che siamo schematici per amor di semplicità, ma parlando solo di "aumento" e "diminuzione" delle tasse, pare che ci sia una tassa sola che si paga una volta sola tutti uguale e tutto d'un chiocco. Banalmente una rimodulazione delle aliquote irpef che ne diminuisse una e ne aumentasse un'altra non sarebbe aumento ne diminuzione. Sarebbe ripartizione diversa.
    3) La rimodulazione dei capitoli di spesa. Come sopra. Se ogni anno si ha un certo budget derivante dal gettito da investire (tolta la spesa corrente) senza aumentare o diminuire nulla si può bene discutere come impiegarlo. Uno propone di ricostruire il suo ponte, un altro di potenziare la struttura sanitaria, un altro di acquistare F35. Mi pare sensato che lo si faccia.



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  4. Punto per punto:
    1) è vero, e non ne parlo mai perché ne parlano tutti. L'unica cosa da fare però adesso è usare i proventi per diminuire la pressione fiscale. Non l'ho scritto sul blog ma in varie altre occasioni sì. Con una pressione fiscale così alta niente aumenta le entrate dello Stato come diminuirla. (si torna indietro sulla curva di Laffer, o aumenta il reddito disponibile per quelli a cui Laffer non piace.
    2)Giusto: ci sono anche studi abbastanza recenti in tal senso che equiparano certi riequilibri ad una svalutazione competitiva. Un esempio è Gita Gopinath di Harvard.
    3)Vero in teoria. Il problema è che da quando è diminuita la spesa per interessi sono stati aumentati tutti i capitoli quasi in proporzione. Una vergogna. Si potrebbe tranquillamente ritornare alla spesa del 1990: non mi pare nessuno morisse di fame per mancanza di spesa di Stato allora (o anche da un bel po' prima). Si torna quindi lì: diminuire la spesa si può, e anche in maniera proporzionale per tutti i capitoli, senza che ci siano tragedie. Solo che politicamente costa, e i partiti non lo vogliono fare. Incidentalmente chi questo l'ha fatto bene ha rimodulato una Stato assistenziale in un vero Stato sociale e ora sta meglio di prima. L'esempio migliore è la Svezia, ma potremmo prendere anche la Germania. La spesa in Svezia è calata del 20% del PIL in 15 anni. E non mi pare lì si muoia di fame.

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